Progetto “PROPH-ITA” per soggetti a rischio di sviluppare un tumore al pancreas
Febbraio 28, 2023“VESPA” TRIAL per pazienti con tumore al pancreas metastatico
Aprile 15, 2023Riportiamo qui di seguito l’intervista a Silvano Cipolla, da tempo a fianco della nostra Fondazione e sempre in prima linea nella sensibilizzazione sul tumore al pancreas.
Mi chiamo Silvano, sono nato a Cremona il 22 settembre 1961 e ho 61 anni. Sono geometra libero professionista, vivo a Grumello Cremonese ed Uniti in provincia di Cremona, sposato con Rossana, padre di Sacha (33 anni) e Denise (30 anni) e, perchè no, nonno di Isabel (2 anni).
Come hai scoperto il tumore al pancreas?
Il tumore mi è stato diagnosticato nel giugno 2018 per puro caso. Non avevo alcun sintomo noto riconducibile alla patologia; conducevo una vita normale, niente fumo, peso normale, tutto sommato seguivo una dieta equilibrate di tipo mediterranea. Ho sempre praticato, compatibilmente con l’età, attività sportiva in genere, dal calcio alla palestra, lunghe passeggiate in montagna, nuoto ecc.
Nel giugno 2018, come tutti gli anni, io e mia moglie (anche per sano spirito di competizione) abbiamo fatto esami del sangue di routine. I risultati evidenziavano sofferenze al fegato con valori molto alti degli indicatori (ALT 290 – AST 135 – GGT 472).
Immediatamente il medico di base mi ha prescritto il controllo della bilirubina e di eventuale virus dell’epatite non riscontrando comunque valori particolarmente alterati; subito dopo mi e’ stata prescritta una ecografia.
Ricordo perfettamente che il medico, durante l’ecografia, insisteva molto con lo strumento in un punto particolare dell’addome individuando poi, sul referto, “una formazione nodulare di circa 30 mm alla testa del pancreas”. Lo stesso medico ha organizzato e fissato una TAC con e senza contrasto fatta poi qualche giorno dopo.Il referto della Dott.ssa Katiuscia Menni riportava: “sospetta lesione testa del pancreas”. Durante il colloquio la Dott.ssa Menni ricordo che mi disse “…. bisogna fare presto, il tumore al pancreas è bastardo….”.
Qual’ e’ stato il tuo percorso di cura?
Il colloquio del giorno 25 giugno con la dott.ssa Menni è stato molto esaustivo e la Dott.ssa stessa mi suggerì di prendere immediatamente contatto con Fondazione Poliambulanza di Brescia per iniziare il percorso di cura. Dopo la visita con il Dott. Alberto Zaniboni ed il Dott. Edoardo Rosso e un nuovo referto che riportava anche il termine “borderline resectable”, il giorno 02 luglio 2018 sono stato ricoverato presso il reparto oncologia del Poliambulanza per iniziare le cure.
Per sommi capi riporto il mio percorso di cura è stato questo:
– inserimento PICC per le infusioni
– inserimento di protesi metallica nella via biliare distale principale (poi …..perso)
– 6 cicli di FOLFIRINOX neoadiuvanti
– intervento di duodenocefalopancreasectomia “open” eseguito il giorno 12 novembre dell’equipe medica del Dott. Edoardo Rosso (circa 12 ore in sala operatoria, una ferita che mi attraversa l’addome ed una in verticale…)
– 4 cicli di FOLFIRINOX adiuvanti
– 13 radioterapie presso l’ospedale Maggiore di Cremona e contestuale assunzione di capecitabina.
Attualmente, in considerazione della presenza di alcuni linfonodi (di cui 2 nuovi evidenziati nell’ultima TAC da controllare nel mese di aprile con PET al gallio), mensilmente eseguo una iniezione di somatostatina in quanto, per non farmi mancare nulla, mi è stata riscontrata una forma “mista di carcinoma pancreatico neuroendocrino – adenocarcinoma”. Inoltre assumo CREON in quantità necessaria, adeguata e quindi “generosa” e, ciclicamente, fermenti lattici.
Quanto e’ stata importante una diagnosi precoce?
Direi che è stata fondamentale, oltre al fatto di aver scoperto il tumore per puro caso. Dal momento in cui ho avuto il referto degli esami del sangue al momento del ricovero in Fondazione Poliambulanza sono passate circa tre settimane.
Questo, unito al fatto che il tumore era “bordenline resectable” nonchè a un buono stato di salute generale, è stato importante per permettermi di sopportare sia le chemioterapie che l’intervento di DCP.
Puoi descrivere come sia stato importante il rapporto con il tuo medico di base?
Il Dott. Sartori Fabrizio, medico di famiglia, è stato un punto di riferimento per me. Ho avuto le necessarie indicazioni confermandomi, ad esempio, la professionalità del Dott. Rosso nonchè dispensando molti suggerimenti sul come gestire, ad esempio, l’alimentazione ecc. Per una strana coincidenza il Dott. Sartori era paziente oncologico. Caratterialmente era molto riservato e quindi non ci siamo quasi mai confrontati sulla malattia se non, raramente, quando decise di andare in pensione. Purtroppo è venuto a mancare nel giugno dell’anno scorso.
Come e’ cambiata la tua prospettiva del tempo dopo la diagnosi?
Ho iniziato mentalmente a considerare un nuovo termine. La parola è “consapevolezza”. Consapevolezza nell’essere a conoscenza che il tumore al pancreas è aggressivo, complesso da curare e con statistiche veramente negative. Approfitto quindi di quanto mi è stato “concesso” dalla professionalità dei medici e di tutti i collaboratori che mi hanno sinora seguito. In pratica ho deciso di cedere simbolicamente “le chiavi” del mio corpo agli stessi cercando di vivere “mentalmente” come se non fosse successo nulla. In questi “quasi” cinque anni ho dunque proseguito, compatibilmente con le problematiche conseguenti l’intervento, la mia attività lavorativa di geometra libero professionista. Svolgo anche tutte le attività quotidiane, ho i miei hobby (ad esempio suono la chitarra), pratico Qigong, faccio lunghe passeggiate quotidiane e …a volte faccio il nonno. Devo comunqe evidenziare che, purtroppo, non tutti i giorni sono uguali. Del resto anche le persone senza alcuna malattia, a volte, sono “particolari” nel loro comportamento. Va da sè che i miei familiari, specialmente mia moglie, comprendono quando il mio stato d’animo non è il solito e …..sopportano.
Quanto e’ importante condividere la tua esperienza con altri pazienti?
Rispondere a questa domanda non è affatto semplice. Ritengo che ogni persona colpita dalla malattia abbia una propria sensibilità sia nel manifestare le proprie esperienze al riguardo sia nel confrontarsi con altri pazienti. Per me è un po’ un “esercizio comportamentale” comprendere, quando instauro un nuovo contatto con pazienti, quale sia il “limite” oltre il quale non è opportuno andare.
Da parte mia non ho alcun problema a parlarne ma sono più che certo che altri pazienti non siano poi così predisposti. In questo periodo, soprattutto grazie a Fondazione Valsecchi ed ai social, sono in contatto con alcuni pazienti che vivono anche in altre regioni e con loro si è instaurato anche un rapporto di amicizia e di frequentazione. Ritengo infine che Fondazione Valsecchi e le altre realtà che fanno opera di sensibilizzazione e di raccolta fondi per la ricerca siano fondamentali per far conoscere la “malattia” e tutte le “sfumature” che riguardano la stessa.